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Ma il vero problema è la disponibilità, la nostra disposizione verso gli altri. Diciamo la verità: tutti noi siamo partiti con tanto entusiasmo, con tanta voglia di far bene e far del bene al prossimo. Poi abbiamo cozzato contro le difficoltà, le delusioni, le incomprensioni. Continuamente cozziamo contro il negativo quotidiano; e questo demolisce anche una forte determinazione. Chi può darci la forza per andare avanti, per ricominciare sempre? Dobbiamo, secondo me, riscoprire lo spirito che ci anima; come un ritornare alle origini, quando abbiamo scelto il nostro futuro, quando ci appassionavamo agli studi, quando eravamo stupiti e contenti dei primi approcci con i pazienti. Dobbiamo essere animati da uno spirito e dobbiamo rivitalizzarlo. Anche il frequentare altri che come noi fanno una scelta del genere può aiutarci; anche il ricercare e trovare uomini di buona volontà ci sostiene. Creare cioè condivisione, comunione, come una rete: permettetemi di riferirmi e citare l’associazione che propone questi incontri: Medicina: dialogo comunione. Ricordo gli inizi della mia frequentazione nei reparti, ancora studente; ero turbato dalla poca professionalità che riscontravo in molti del personale sia medico che infermieristico; tuttavia, trovavo sempre  qualcuno che  faceva il proprio lavoro con disponibilità, con attenzione e “gioia”; a  quello mi riferivo, cercando di prendere come un modello e confortandomi e confermandomi nelle mie scelte. Che poi sono quelle che abbiamo riconosciuto all’inizio: l’aver cura delle persone, l’immedesimarsi. Per molto tempo ho desiderato far visionare un film ai miei studenti e ai miei interni:”Un medico un uomo”: parla di un illustre clinico universitario americano che dopo aver provato l’esperienza della malattia, di stare dall’altra parte, tornato all’insegnamento richiede a tutti i suoi studenti che passino un periodo in ospedale, ma da ricoverati. Ora ho saputo da ma figlia che al II anno di Medicina nel corso di Psicologia clinica (che forse è l’unico ad occuparsi delle cose di cui stiamo parlando) è stato proposto proprio questo film; peccato che dopo non c’è stato approfondimento.

Quanto detto, mi rendo conto, può avere valenza soprattutto per i medici che possono avere un rapporto continuo con i pazienti, per i medici di base, per esempio. Il discorso si complica, se ce n’era bisogno, quando si parla di specialisti, cioè di un rapporto più sporadico. Ma ciò non toglie che ci si possa esimere da quel necessario rapporto, che è fatto di ascolto, spiegazione, informazione, persuasione. Si forma un’alleanza preziosa col paziente, che diventa consenziente, partecipe. Ma per i contatti successivi, per i controlli, per la vicinanza? Qui diventa anche importante il rapporto col medico curante, la sua preziosa mediazione, il collaborare al bene della persona; in breve anche qui riscoprire quell’”insieme”  che fa fare meglio le cose. Essere tutti coinvolti in quell’alleanza tesa al bene.

Health Dialogue Culture

Vuole contribuire all'elaborazione di una antropologia medica che si ispira ai principi contenuti nella spiritualità dell'unità, che anima il Movimento dei Focolari e alle esperienze realizzate in vari Paesi in questo campo.


 

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