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Quali valori nel quotidiano professionale?

Come riuscire ad attuare nel quotidiano assistenziale atteggiamenti e comportamenti che sostengano il paziente nell’affrontare situazioni di malattia, nel collaborare al processo di cura? Quali valori possono essere di guida? Si può provare a delineare alcune modalità e strategie  - già sperimentate nell’esperienza di molti medici e operatori sanitari in varie nazioni – ispirate al carisma di Chiara Lubich.

La personalizzazione dell’assistenza

Il punto di partenza e il punto di arrivo è la persona nella sua interezza: il valore che io assegno al paziente non è un qualcosa di teorico, di astratto, ma si traduce concretamente in atteggiamenti più o meno adeguati, più o meno rispettosi della sua dignità.

Personalizzare l’assistenza richiede di considerare unico ogni paziente e dargliene la sensazione. Ma come si può attuare questa modalità, quando ogni giorno si vedono decine di pazienti? Un modo sta nel considerare la persona che si ha di fronte come fosse la sola che si incontrerà nella giornata, senza pensare al paziente precedente o a quello che sta aspettando.

Riuscire a vivere il momento presente libera dalla fretta e da condizionamenti che potrebbero anche offuscare la decisione da prendere.

Un passo ulteriore può essere quello di considerare il paziente non tanto come un utente di servizi, ma come me stesso: un riferimento significativo per i cristiani è l’”ama il prossimo come te stesso”, ma lo stesso imperativo è richiesto in altre tradizioni. Ad esempio Gandhi affermava: "Tu ed io non siamo che una cosa sola. Non posso farti del male senza ferirmi".

Una tale considerazione comporta allora che non posso fare preferenze, distinzioni, ad esempio tra un paziente che collabora e uno no, tra paziente docile e paziente ipercritico, fra chi presenta patologie interessanti e chi invece ha patologie banali, povere di soddisfazione: devo partire dal presupposto che ogni paziente ha lo stesso diritto alla mia attenzione.

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