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management ospedalierol’esperienza dell’ospedale Ikazia di Rotterdam (Olanda). Lavoro a Rotterdam in un ospedale protestante. L’organizzazione ospedaliera dà molta importanza alla sua identità cristiana, che si esprime in una cura premurosa

del paziente e in un’atmosfera cordiale a tutti i livelli dell’ospedale.I medici vi lavorano come liberi professionisti, raggruppati in associazioni di specialisti. L’organizzazione ospedaliera fornisce il personale e le apparecchiature mediche.

Per molti anni ho fatto parte dell’associazione dei medici internisti, lavorando in tutti i diversi campi di questa specializzazione. Per me è sempre stato importante dare un posto centrale alla cura del paziente e alla buona collaborazione con i colleghi.

Ho avuto anche la responsabilità della messa in funzione del Dipartimento di Terapia Intensiva. Inoltre ho lavorato in diversi settori, insieme ad un altro collega, col quale è cresciuta una collaborazione sempre più stretta e duttile.

Da un anno a questa parte, oltre al mio consueto lavoro quotidiano, sono anche coinvolto nel management dell’ospedale. Sono infatti direttore dello staff medico dell’ospedale e, come tale, rappresento tutto il gruppo dei medici specialisti e tutelo i loro interessi nelle trattative all’interno dell’ospedale con l’organizzazione ospedaliera e all’esterno con le compagnie assicurative.

Esercito un ruolo centrale nei conflitti tra medici.

Non avevo finora esperienza di gestione ospedaliera, ma il rispetto e la comprensione per gli altri erano stati sempre per me garanzia sufficiente per trovare una buona soluzione in caso di problemi. Quando ho cominciato con quest’ultimo nuovo lavoro, mi sono proposto come scopo principale di dedicare speciale attenzione ai rapporti con i colleghi delle diverse discipline, così come avevo fatto finora all’interno della mia associazione.

Nel mio ospedale esistono vedute differenti su alcuni aspetti di politica gestionale, tra gli amministratori, da una parte, che difendono direttamente gli interessi dell’azienda ospedaliera e sono lavoratori dipendenti e, dall’altra, le associazioni dei medici specialisti, che sono liberi professionisti. C’è sempre divergenza, tra le due parti, sul piano degli interessi economici, il che non facilita le relazioni reciproche.

Le associazioni operano come colleghi uniti da scopi comuni in un determinato ambito professionale, scopi che, abbastanza spesso, rappresentano semplicemente un prolungamento degli interessi personali. All’interno di ogni associazione normalmente si condivide tutto, ma nei rapporti con l’esterno viene difeso esclusivamente l’interesse dell’associazione. L’organizzazione ospedaliera, sovente, viene vista dalle associazioni esclusivamente come fonte di denaro, di personale e di materiale, senza prendere in alcuna considerazione gli interessi dell’azienda. A causa di questo, gli amministratori nutrono pregiudizi nei confronti dei medici e, a loro volta, possono ostacolare la fornitura di personale e apparecchiature. Spesso sono interessati soltanto alla produttività dei medici, senza attenzione alle loro competenze professionali.

Sovente, connesse alle tensioni economiche, vi sono anche tensioni negli equilibri di potere. Il direttore, in quanto vertice dell’organizzazione ospedaliera, è il capo dell’ospedale, ma ha bisogno dei medici per delineare e attuare i piani sanitari. Per i medici è importante che l’organizzazione sia gestita in maniera efficiente. Nonostante ciò, la collaborazione non avviene facilmente, anzi, in un recente passato, le tensioni tra i medici e il direttore hanno portato piú volte alle dimissioni del direttore in carica.

Ho cominciato, nei rapporti con le associazioni mediche, ad evidenziare anche gli interessi dell’ospedale parallelamente a quelli delle associazioni stesse. Dove già esisteva una mutua comprensione che portava alla cooperazione, ho cercato di rafforzarla. Dove invece questa mancava, non ho potuto far altro che cominciare a favorirla.

Dal momento che i miei giudizi e il mio comportamento non trapelavano alcun segno di interesse personale e non concedevo favori alla mia associazione, ho conquistato la fiducia di tutti medici dell’ospedale. Non prestando attenzione alle rivalità e alle vecchie ostilità, ma offrendo collaborazione, alcuni rapporti difficili si sono distesi. Prendendo una posizione chiara in alcune questioni, ho ottenuto inaspettatamente la collaborazione degli altri.

Di quando in quando, tutto un gruppo ha iniziato a manifestare voglia di partecipazione, mentre prima abitualmente rimaneva passivo, lasciando prendere le decisioni ad un unico soggetto che mostrava interesse.

A chi lavora nella gestione e all’amministrazione dell’ospedale ho cercato di spiegare gli interessi dei medici, in modo che nasca la comprensione. Sono riuscito a convincere il direttore che non ha motivo di temere da parte mia nei suoi confronti un atteggiamento ostile, che, propagandosi a tutti i medici, possa mettere in pericolo la sua posizione.

All’inizio del mio incarico direttivo si era verificata una situazione molto difficile nel Dipartimento di Terapia Intensiva. Si era creata un’aspra lotta interna tra le 3 associazioni dei medici, che condividevano la responsabilità del reparto (chirurghi, internisti e anestesisti). Alla fine il responsabile del dipartimento si era dimesso in malo modo e una delle tre associazioni mediche si era ritirata da ogni collaborazione.

C’erano anche tensioni con il personale infermieristico, che attribuiva ai medici la colpa della dimissione del responsabile. Le circostanze esigevano cambiamenti immediati.

Fino ad allora nel dipartimento le attività cliniche erano state suddivise indistintamente tra tutti i medici delle associazioni responsabili del reparto. Questo aveva causato regolarmente assegnazioni poco chiare e malcontenti per gli interventi arbitrari di alcuni. Distribuendo meglio il lavoro tra i medici più qualificati ed escludendo gli altri da responsabilità nel Dipartimento, si è potuta ottenere una gestione più concorde, che ha contribuito al miglioramento del clima tra i medici e dei rapporti con il personale infermieristico.

Questa è stata per me una situazione di lavoro completamente nuova, perché, dovendo concentrare la mia attività in gran parte nel Dipartimento di Terapia Intensiva, ho dovuto lasciare di conseguenza parte del mio lavoro di internista ai colleghi. Tutto ciò non è avvenuto senza attriti, ma alla mia iniziativa di rinunciare al precedente incarico, alcuni hanno reagito positivamente dicendosi disponibili a collaborare.

Dopo lunghe trattative, l’associazione dei medici che si era ritirata ha rivisto le sue posizioni e ha ripreso nuovamente a collaborare. Per arrivare a questo punto è stata necessaria molta pazienza, in quanto alcuni durante il periodo precedente erano stati così umiliati che non osavano più ricominciare a lavorare nel difficile Dipartimento di Terapia Intensiva per timore di sbagliare.

Si è così istaurata un’atmosfera di distensione, nella quale si poteva condividere il piacere del lavoro, al posto di contrastarsi l’un l’altro. È stato formato un team responsabile delle cure mediche 24 ore al giorno per 7 giorni la settimana.

Con l’organizzazione ospedaliera è stato raggiunto un accordo economico per cui le entrate delle attività mediche vengono equamente suddivise tra i 3 gruppi di professionisti. Prima non era così e ciò è stato sempre fonte di malcontento. L’accordo è stato raggiunto non senza difficoltà, poiché molti consideravano della suddivisione soltanto l’aspetto della perdita economica e non accettavano questa nuova forma paritaria di cooperazione, nonostante fosse nell’interesse di tutti.

Riassumendo, posso dire che il mio impegno per migliorare le relazioni personali mi costa molto, ma ha portato anche molte novità. Un aspetto della mia diplomazia è che mi faccio vedere vulnerabile. Questo viene spesso interpretato come debolezza e viene considerato come qualcosa di deplorevole, in una cultura in cui devi sapere tutto e saper fare tutto. Ho cercato però di rimanere fedele all’essere aperto, trasparente, per dare così l’opportunità anche agli altri di aprirsi.

Nella reciprocità delle relazioni possono nascere prospettive nuove e inaspettate e le soluzioni emergono spesso spontaneamente.

Mi rendo ben conto che abbiamo appena cominciato, ma in questo momento il clima è più disteso e aperto, pronto per un nuovo inizio.

di MATHIEU P.C. MIDDELKOOP

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