La comunicazione è spesso la componente principale della gestione del paziente nelle patologie croniche e nelle cure palliative: a volte è tutto quanto si può offrire al paziente.
E’ stato affermato che, a confronto con la maggior parte dei farmaci, le abilità nella comunicazione hanno indubbiamente un’efficacia palliativa (spesso riducono significativamente i sintomi), un ampio indice terapeutico (il sovradosaggio è raro), e il problema più comune nella pratica è un dosaggio sub-ottimale[8].
Anche le criticità che emergono nelle decisioni di fine vita derivano spesso da carenze nella comunicazione. Un esempio: negli Stati Uniti negli ultimi 20 anni sono state implementate le direttive avanzate come strategia per migliorare le cure di fine vita. Si sostiene che siano state adottate soprattutto per supplire alla mancanza o comunque alle difficoltà di comunicazione [9].
Eppure è in corso una nuova discussione sulle dichiarazioni anticipate, perché non sembrano aver risolto il problema di una comunicazione adeguata.
Tra le possibili cause vi sono, oltre agli atteggiamenti dei medici, infermieri, parenti, la disorganizzazione o la mancanza di chiarezza nella documentazione, il linguaggio vago e inconsistente dei documenti. Inoltre, anche se le dichiarazioni anticipate sembrano aumentare la possibilità che vengano rispettati i desideri espressi dal paziente, in realtà la percentuale di compliance con tali desideri risulta essere scarsa.