Confrontando gli ambiti sanitari dove si attuano modalità di collaborazione reale all’interno del team di cura, si è evidenziato che i fattori che più influenzano la soddisfazione degli operatori e l’efficacia percepita del team risultano essere la collaborazione, la risoluzione del conflitto, la partecipazione, la coesione [18].
I diversi operatori potranno acquisire in tal modo un “atteggiamento omogeneo”, senza contraddizioni, e il paziente potrà scegliere l’interlocutore preferenziale, più consono alla sua sensibilità.
Il team non va letto solo nella prospettiva del paziente, anzi, dovrebbe essere letto prima di tutto nella prospettiva degli operatori: è il primo luogo per elaborare anche quegli oneri psicologici e spirituali che il lavoro assistenziale, nel tempo, può comportare. La possibilità di condividere con altri il coinvolgimento emotivo di fronte ad una situazione particolarmente dolorosa, di confrontare una decisione difficile, di chiedere un parere è un aiuto fondamentale.
Un ulteriore riflessione: si sta affermando l’importanza di comprendere la cura spirituale all’interno dell’équipe multidisciplinare, con il risultato tra l’altro della riduzione del rischio di terapie aggressive, oltre al miglioramento della qualità di vita [19].
Ma il “prendersi cura” secondo quanto considerato finora, ha ripercussioni anche sulla dimensione psichica e relazionale del medico e dell’operatore. Ciascuno di noi potrebbe riportare dei momenti significativi nella sua esperienza professionale nei quali si è sentito “costruito”, a volte “sanato” dal rapporto costruito con il paziente, dal supporto dei colleghi.
In questo modo si potrà realizzare un ambiente assistenziale che sia realmente “terapeutico” nel significato più ampio del termine e per ogni persona coinvolta nella relazione di cura.